Un sorriso… e fiorirono miracoli

Un sorriso… e fiorirono miracoli
Roma (Italia). Si celebra il 7 luglio la memoria della beata Maria Romero Meneses. Suor María è stata un'anima vulcanica, come la sua terra natale, Nicaragua, la terra dei quaranta vulcani. Una donna nata in una famiglia benestante e affermata (suo padre fu anche ministro delle finanze) che si è donata interamente ai più poveri fra i poveri, con una fiducia totale nella Provvidenza. Cresciuta in una famiglia cristiana, fin dall'infanzia si è sentita apostola fra i coetanei, ma è stato in Costa Rica che María ha scoperto, in modo decisivo e sconvolgente, la vera condizione dei poveri e ha deciso di dedicarsi a loro, senza riserve.
Come i discepoli di Emmaus, suor Romero ha saputo riconoscere la presenza viva del Signore nella Chiesa e, vincendo difficoltà e paure, è stata testimone entusiasta e coraggiosa davanti al mondo. Morì d'infarto il 7 luglio 1977. Il Governo di Costa Rica la dichiarò cittadina onoraria della nazione. La sua salma si trova a San Josè di Costa Rica, presso la grande opera da lei fondata come Casa de la Virgen e Obra social. Giovanni Paolo II l'ha beatificata il 14 aprile 2002.
È la prima donna "beata" del Centro America. La Memoria liturgica si celebra il 7 luglio, giorno della sua nascita al cielo.
Ripercorriamo alcuni momenti della sua vita apostolica per riflettere sulla sua spiritualità e missione.
L’oratorio come patria
All’età di 29 anni, l’obbedienza la manda a San José di Costa Rica, insegnante di musica e di pittura nel collegio dove sono ragazze di buona famiglia, e assistente all’oratorio dove invece si riversano le ragazze emarginate dei sobborghi, senza lavoro e senza futuro. Suor Maria non sa ancora che quelle ragazze povere, le loro famiglie ammassate nelle baracche della periferia, saranno la sua nuova patria per 48 anni, fino alla morte.
Costa Rica è la repubblica più piccola del Centro America: grande come due volte la Sicilia, in quel momento ha un milione e mezzo di abitanti (nemmeno la popolazione di Milano). Ha un governo democratico, ma i poveri e i disoccupati sono numerosissimi.
Suor Maria forma tra le sue allieve un gruppo di catechiste, e le manda ad esplorare i sobborghi, a tentare qualche lezione volante di catechismo. Tornano un po’ disanimate: «Ci sono solo tugùri, madre. Tetti di latta, pareti di cartone, pavimenti in terra battuta. E ci sono famiglie ammassate in un solo ambiente, frotte di bambini e di cani. Non hanno lavoro, né vestiti, né viveri. Abbiamo parlato di Gesù. Ci ascoltavano apatici. Una mamma ci ha detto: “Gesù va bene. Ma il latte per i miei bambini chi me lo dà?”».
Suor Maria parla a lungo con le sue catechiste, raduna viveri e vestiti. Nel giorno di Natale 1939 inizia con loro la «piccola missione»: «Andremo nelle case. Daremo una mano a pulire, ordinare. Porteremo vestiti e cibo. Ma ricordiamoci tutte che se portiamo latte e stoffa, ma non portiamo Gesù, lasceremo quei nostri fratelli più poveri di prima».
La «piccola missione» inizia così quasi dal niente, e prende uno sviluppo enorme, incalcolabile, come quello dei granello di senapa di cui parla Gesù nel Vangelo.
Meraviglie e urgenze
Le catechiste si spargono a due a due nei sobborghi, offrono cibo e sorriso, augurano Buon Natale alle mamme a cui danno una mano a pulire la casa, ai bambini che aiutano a lavarsi bene, ai malati mentre rimettono a posto i loro pagliericci. E pregano con tutti. Da quel giorno, le catechiste tornano da suor Maria raccontando meraviglie e domandando nuovi aiuti con urgenza. Suor Maria, che continua a insegnare musica e pittura lungo il giorno, ogni sera e nel sabato e nella domenica si ritrova con le sue «piccole missionarie» a concretizzare nuove realizzazioni. La prima è la «stanza dei poveri». Ricevono vestiti e cibo dalle famiglie delle collegiali, confezionano pacchi e pacchetti, fanno «ore di riflessione e di preghiera».
Poi suor Maria decide di iniziare gli oratori festivi nei sobborghi e nei villaggi periferici. Parla alle alunne della scuola, alle oratoriane più grandi. Con la benedizione del vescovo e della superiora si comincia. Otto oratori nel primo anno, poi quattordici... Arriveranno a trentasei!
Sul pullman che accompagna le piccole missionarie sale anche suor Maria, che passa le sue domeniche ora in un oratorio, ora in un altro.
Negli oratori si radunano tante ragazze, e con esse tante situazioni difficili. Bisogna far catechismo e fare carità. Ma la scatola di cartone che per suor Maria funziona da cassaforte non è mai vuota. Arrivano tanti che hanno bisogno, e ugualmente tanti che portano offerte. Spaventata da pettegolezzi, la direttrice chiama suor Maria e le dice che è meglio che non chieda più in giro aiuto per gli oratori. Suor Maria obbedisce tranquilla, e le offerte continuano ad arrivare da sole senza che nessuno chieda.
La santa acqua del rubinetto
Nel 1955 un centinaio di famiglie dei sobborghi riceve regolarmente aiuti in viveri e vestiti. 1 fanciulli degli oratori che ricevono pane e catechismo sono circa cinquemila. Ma i malati? Che fare per i malati poveri che non hanno né medici né medicine? Suor Maria sogna un grande dispensario, ma intanto che può fare? Si sfoga con la Madonna. Le dice con la confidenza di sempre: «Tu a Lourdes hai fatto scaturire un’acqua che guarisce. Perché questa preferenza per Lourdes? Noi siamo tanto lontani, non ne possiamo approfittare. Ma tutte le acque del mondo sono tue, anche quella di questo rubinetto. Tu sei la Regina del mondo.
E allora fammi questo favore: fai guarire i malati anche con quest’acqua qui». E con fede comincia. C’è un catechista missionario, Leonardo, che è a letto con febbre, tosse e mal di gola. Senza di lui un oratorio rimarrà scoperto. Lo manda a chiamare da sua sorella. Quando lo vede con i brividi addosso apre il rubinetto con un bicchiere in mano: «Bevi con fede, Leonardo. E dopodomani vieni per l’oratorio «Ma io ho l’influenza». «Vedrai, vedrai». La sera Leonardo è guarito, e domenica è a dirigere il suo oratorio. Suor Maria dice grazie alla Madonna, e continua a usare l’acqua del rubinetto come fosse a Lourdes. La mamma di un’ex-allieva è gravissima, con una fistola cancerosa in gola e 82 anni di età. Con l’acqua della Madonna presa a cucchiaini, la fistola e il cancro se ne vanno. La vecchietta riprende a venire a mettere ordine tra i vestiti dei poveri. Un bambino travolto da un’auto ha il cranio sfondato, è in fin di vita. La mamma corre da suor Maria. Torna con una bottiglia di povera acqua di rubinetto. Ma appena gli bagna la fronte, il suo bambino apre gli occhi. Il terzo giorno torna a parlare, e l’ottavo giorno è guarito. (Ora è laureato, e sua mamma Lidia continua a raccontare di quella bottiglia di acqua di rubinetto).
I fatti si moltiplicano, la gente povera corre per avere «l’acqua della Madonna». Un giorno, mentre fa scuola, suor Maria guarda dalla finestra e dice: «Questo terreno, fra qualche anno, sarà un grande edificio e si chiamerà casa dei poveri. Vi sarà anche un dispensario medico. Lì i poveri avranno vitto e lavoro, e sarà il rifugio per molte giovani orfane, sole o senza casa. E Gesù e Maria avranno una cappella».
Una stanza per consolare
La costruzione inizia puntualmente nel 1958, e puntualmente, come tutte le opere di Dio, subisce ostacoli, malevolenze, rinvii, modifiche. Ma ora è la, grande e bella, e compie tutte le funzioni che suor Maria «vide» guardando da una finestra durante un’ora di scuola. Pian piano (come avvenne nella vita di Don Bosco) persone povere e disperate cominciarono a cercare suor Maria per parlarle. Venivano a esporre problemi, chiedere consiglio, sfogare il proprio dolore. Suor Maria non faceva lunghi discorsi: Dio passava attraverso il suo sguardo buono, il suo sorriso, la sua preghiera. E persone traviate, incredule, prigioniere dell’alcool e della droga, famiglie sull’orlo della disperazione, ritrovavano la via della pace e della fede.
Maria Luz Cubero raccontò che un giorno, mentre lavorava con una compagna vide suor Maria nell’orto, che innaffiava una pianta di rose e diceva ai fiori: «Siete rose bellissime, ma le mani di Colui che vi ha fatto sono ancora più belle e più miracolose». Mentre così diceva, Maria Luz e la sua compagna videro le rose curvarsi verso la faccia di suor Maria, e accarezzarla, anche se non c’era un filo di vento.
Delle rose che accarezzano per un attimo il volto di una suora, potrebbero essere un miracolo. Ma le mani di una suora che per 48 anni si sono curvate ad accarezzare il volto dei bambini poveri e smunti, a confezionare pacchi di cibo e di vestiti per i poveri; le labbra di una suora che per ore e ore ogni giorno hanno ridato la speranza e la pace a persone sull’orlo della disperazione; la vita di una suora che si è spesa giorno dopo giorno per l’amore dei suoi fratelli, delle sue sorelle e del suo Dio, sono un miracolo certo, e infinitamente più grande.