Ginevra (Svizzera). Una giovane stagista, presso l’Ufficio dei Diritti Umani a Ginevra, scrive: «Il 10 dicembre ricorre la Giornata Mondiale per i Diritti Umani per ricordare la proclamazione, da parte dell’Assemblea Generale, della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948.
Il 10 dicembre di ogni anno è un occasione per riflettere e ricordare quanto questi diritti siano veramente universali. Lo sono, poichè essi appartengono ad ogni essere umano per il solo fatto di essere tale, e lo sono perchè non esiste orizzonte temporale al mondo che possa determinare l’inizio o la fine del loro godimento. Continuare a sottolineare il carattere assoluto di questi diritti è molto importante, la società moderna, anche e soprattutto oggi davanti ai suoi continui mutamenti, tende a relativizzare quello che in realtà ha carattere assoluto.
Il Magistero della Chiesa non ha mancato di valutare positivamente la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: Giovanni Paolo II l’ha definita “Una vera pietra miliare sulla via del progresso morale dell’umanità”, nel Discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 2 ottobre 1979.
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo non è stato il primo documento ad occuparsi della difesa e della promozione dei diritti umani da un punto di vista internazionale, ma è stata la prima Carta a considerare l’individuo in quanto essere autonomo e non legato a gruppi organizzati. Prima del 1948, infatti, l’individuo aveva valenza sul piano internazionale solo in quanto componente di una comunità statale, i relativi obblighi di uno Stato straniero verso di lui valevano esclusivamente grazie a questa relazione di appartenenza tra cittadino e territorio.
È molto difficile cercare di trovare una data di inizio se si vuole ripercorrere l’intero cammino dei diritti umani benchè ogni guerra e ogni pace, nella storia, hanno portato a quella che è la moderna concezione dei diritti umani. Se si volesse però definire quali furono gli anni che hanno reso questo tema da nazionale a universale bisognerebbe tornare allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. A questo evento sono da ricollegare, purtroppo, alcune delle peggiori immagini che l’umanità ha mai potuto disegnare e vivere. Un conflitto che ha mostrato le azioni più terribili di cui è capace il mondo tanto che fino ad allora queste azioni non possedevano neanche un nome. Oggi noi le definiamo crimini contro l’umanità, genocidio, pulizia etnica, sterminio di massa.
Per evitare che quanto accaduto nella prima metà del 1900 si potesse ripetere, crebbe sempre di più la necessità di esaltare e promuovere il binomio pace – diritti umani.
L’ONU nacque quindi dall’amara consapevolezza che la precedente Società delle Nazioni non era riuscita a mantenere l’obiettivo di pace che si era prefissata e che per credere nuovamente in quello stesso progetto bisognava evitare tutti gli errori che portarono al fallimento della prima organizzazione, i cui valori e i buoni propositi fallirono in un paradossale apice del loro opposto. Possiamo dire, quindi, che la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo sia intervenuta in un momento nel quale c’era effettivo bisogno di una regolamentazione della disciplina internazionale.
Davanti ad un mondo a pezzi, ad una comune volontà di ripartire, c’era bisogno di qualcuno che, con concretezza, ponesse le basi dei nuovi obiettivi e dei nuovi sogni della gente. Tra i promotori della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani questo compito fu ricoperto da Eleanor Roosevelt, coraggiosa, sognatrice e donna, la “First Lady del Mondo” che insegnò a tutti che l’impegno umanitario è un compito che si ha prima di tutto verso se stessi e che la forza più grande per un mantenimento effettivo dei diritti umani passa, innanzitutto, attraverso l’educazione.
Ad oggi, a quasi 70 anni dalla proclamazione, questo carisma sembra perdersi dietro violazioni e preoccupazioni che crescono inesorabilmente con le nuove vicessitudini del mondo. Non sono nè il mondo nè i diritti ad essere cambiati, sono le persone.
Le sensazioni che hanno portato alla stesura della Dichiarazione Universale e quelle che portano oggi ad osservarla (spesso) con freddezza sono, paradossalmente, le stesse:
il timore e la paura. Ma la chiave per uscire da questa situazione di empasse risiede nel problema stesso:
La paura: alla base della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo c’è il discorso di Roosevelt che sintetizza le libertà in quattro grandi categorie: la libertà di parola, la libertà di culto, la libertà dal bisogno e la libertà dalla paura. Significa prevedere una riduzione mondiale degli armamenti ad un livello tale e così profondo che nessuna nazione possa trovarsi nella posizione di commettere un atto di aggressione fisica nei confronti di altri ovunque nel mondo.
Risuona sempre attuale a questo riguardo quanto ricorda la “Pacem in terris”: “La fonte ultima dei diritti umani non si situa nella pura volontà degli esseri umani, nella realtà dello Stato, nei poteri pubblici ma nell’uomo stesso e in Dio suo creatore”.
“Nei bambini la nazione vede il proprio domani”, diceva Papa Giovanni Paolo II
per ricordare che il segreto del progresso è vivere nella piena consapevolezza dei Diritti Umani. Anche IIMA e VIDES, come Organizzazioni impegnate per il Diritto all’Educazione, propongono di promuovere l’Educazione ai Diritti Umani per tutti, a partire dai più piccoli, poiché i progressi ottenuti dal 1948 in poi sono molteplici, ma la lotta per la piena affermazione dei diritti umani è ancora lunga».
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